Da dove vengono le Emozioni?
Per studi, educazione, consuetudine, siamo stati abituati a considerare “il sentire” come un aspetto legato quasi esclusivamente alla biologia dell’uomo e della donna.
Torniamo per un attimo alle scuole medie con un flashback nel passato. Chi non ricorda a riguardo l’intramontabile esempio dei nostri antenati delle caverne?
Ci hanno insegnato che la paura nasce come primissima reazione alla minaccia degli animali feroci. La corsa nella natura, la fuga per allontanarsi il più velocemente possibile e trovare rifugio – sono state una risposta fisica d’istinto alla situazione di pericolo per mettersi al riparo e cercare di salvarsi la vita. Questa primissima manifestazione della paura è rimasta nel nostro patrimonio genetico, e ci lega indissolubilmente ai nostri avi primitivi.
Ma c’è dell’altro.
Se è rassicurante pensare ad un’umanità primigenia che condivide i medesimi comportamenti e reazioni, è altrettanto vero che emerge, da ricerche più recenti, un altro aspetto più incisivo e prima trascurato: il fattore culturale.
Nel corso dell’evoluzione umana sono stati molto diversi i modi nei quali “coloro giunti prima di noi” hanno sviluppato i propri comportamenti e instaurato regole di comunità nella propria società. È proprio questo, il fattore culturale ad avere influenzato l’espressione stessa delle emozioni.
Cosa significa nel concreto?
Che le emozioni non sono universali ma – ebbene sì – dipendono dai contesti culturali di appartenenza. BUM!
Non amo particolarmente le citazioni ma questa dell’antropologo Geertz abbraccia così tanti ambiti che è un peccato non condividerla: “Le persone sono animali sospesi in ragnatele di significato che loro stessi hanno filato”.
In poche parole, i nostri bisogni nascono dalle esperienze personali e dal contesto in cui queste esperienze si svolgono. L’esperienza è così importante per il nostro sviluppo emotivo che è in grado di cambiare le connessioni neurali del cervello, quelle che formano la personalità di ciascuno di noi. ARI-BUM.
Nella vita ci muoviamo dunque di esperienza in esperienza (intesa come davvero tutto ciò che ci succede), e ciò ci porta gradualmente ad ‘affinare’ le nostre reazioni emotive nei confronti di situazioni, persone e avvenimenti.
Non so’ voi ma la mia mente è sempre stata predisposta alle immagini.
Eccoci qua, dunque. Proviamo a immaginare le emozioni come dei piccioni viaggiatori che ci inviano informazioni arrotolate sulle loro mini zampette. I messaggi che ci mandano riguardano proprio i nostri bisogni. Ciascuno di noi, secondo le proprie personalissime caratteristiche fisiche e psichiche, manifesta dei bisogni. Essi si modulano a seconda dell’età, di criteri legati ai valori, al contesto sociale, al grado di consapevolezza interiore.
Le emozioni hanno esattamente il compito di informarci su quale o quali sono i bisogni che stanno bussando alla nostra porta. E svolgono un lavoro delicatissimo perché rispondere o meno ad un bisogno di qualunque tipo equivale a provare benessere o malessere. Fisico o psichico. O entrambe le cose.
E’ la risposta ad essi che va a influenzare il fatidico dialogo interiore dei vari “mi sento proprio bene”, “oggi non mi sento per nulla a posto”, “sto male” – frasi così difficili da indagare per ciascun terapeuta perché a volte sembra non si basino su alcun reale e recente vissuto.
Se non diamo risposta a un bisogno, la psiche ‘ è obbligata’ ad adottare delle strategie.
Beh, “ma sono discorsi che si legano alla psiche adulta” – si può pensare…In realtà i primissimi bisogni legati alla mera sopravvivenza (cibo, riparo, contatto fisico) si sviluppano nei primi 3 anni di vita. Dai 3 anni in poi, invece, le strategie sono legate principalmente alla risposta alle aspettative delle principali figure di riferimento o caregivers. Per dire quanto il nostro modo di relazionarsi da genitori, e di rispondere ai bisogni dei nostri figli incida sul loro sviluppo emotivo. Per dire.
Torniamo alle nostre care emozioni (e alle scuole dell’infanzia).
Sappiamo che tutta la gamma di colori si crea a partire da 3 toni primari: il rosso, il giallo e il blu. Sono loro ad essere in grado, con attente mescolanze, di creare tutti gli altri.
Nelle emozioni è esattamente la stessa cosa!
Esistono 7 emozioni primarie dalle quali, con delicate e sofisticate contaminazioni, otteniamo tutto l’arcobaleno emotivo che ci contraddistingue: Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura, Sorpresa, Disgusto, Noia.
Oggi sappiamo che a ogni emozione corrisponde un bisogno, attentamente portato come un messaggio al cervello dal nostro ormai famoso piccione viaggiatore.
Scopriamo insieme come i Mostri113 ci vengono in aiuto elaborando le nostre emozioni primarie, con leggerezza, colore e fantasia, invitandoci all’azione consapevole.